Nelle scienze statistiche, la “campana” è intesa come la rappresentazione grafica di un concetto matematico, la cosiddetta distribuzione normale.
Nel 1733 il matematico francese De Moivre, amico di Newton, (forse più famoso per la leggenda secondo la quale abbia predetto con esattezza la data della sua morte) nei suoi studi sul gioco d’azzardo per primo si accorse che la probabilità con cui si manifestavano determinati eventi, se misurati più e più volte e rappresentati su un diagramma cartesiano, si distribuiva in base alla loro densità secondo una forma “normale” a campana.
In pratica le osservazioni erano più frequenti per i valori centrali della curva e diventavano invece via via meno frequenti man mano che ci si allontanava dal centro della distribuzione. Le osservazioni più lontane dal centro corrispondevano quindi ai valori più rari, quelli che si erano verificati con minore frequenza.
Nel 1809 questa campana prese il nome di “gaussiana”, perché un altro grande matematico riuscì a ricavare la formula di questa distribuzione nell’ambito dei suoi studi sulle traiettorie degli asteroidi. Si trattava del tedesco Carl Friedrich Gauss, talmente grande che, prima dell’avvento dell’euro, il suo ritratto con accanto il disegno e la formula di una “normale” compariva sulle banconote da 10 marchi tedeschi.
Questa curva gaussiana può sembrare un astratto concetto matematico, ma diciamo subito che non è così in quanto assai connesso alla realtà. Infatti è in grado di rappresentare molte situazioni quotidiane semplificandone l’interpretazione. L’esempio classico è quello della statura delle persone dove, statisticamente, le altezze comprese fra 1,65 metri e 1,85 metri sono concentrate al centro dell’area sotto la campana, mentre quelle inferiori o superiori alla media vanno sempre di più verso le estremità in quanto contano una probabilità di manifestarsi più ridotta.
Per questo motivo anche in finanza, l'idea di una distribuzione dei rendimenti di titoli o mercati che potesse rappresentarsi in questa forma è sembrata attrattiva fin dagli inizi e molti studiosi della materia hanno applicato questo concetto utilizzando l'enorme mole di dati disponibili.
Ecco ad esempio un risultato grafico, riferito ai rendimenti dell’indice SP 500 DAL 1925 AL 2021.
Sull’asse delle ordinate, in verticale, uno sopra l’altro, gli anni di riferimento; sull’asse delle ascisse, in orizzontale, i rendimenti, positivi o negativi sintetizzati da 0 a 10, a partire dal meno 40% fino al più 60%
Come dire…non è proprio la forma di una campana perfetta, ma per la nostra tesi, a ben guardare, forse è anche meglio.
Sì, perchè già a colpo d’occhio si intravede che la maggior parte dei 96 anni presi in esame (circa l' 80% dei casi) si è conclusa con il segno più, con le percentuali che si trovano tutte alla destra dello zero.
Inoltre, alle estremità, sia in positivo che in negativo, in pochissimi casi si rilevano due o più annate contigue. Anzi, molto spesso, ad un anno pessimo (esempio 2002, 1974, 2008), troviamo dall’altra parte un anno successivo molto soddisfacente.
In generale, se ci facciamo aiutare dalla storia, un investitore azionario ha subito le ferite più profonde durante le due guerre mondiali, la crisi del 1929, la crisi petrolifera del 1973/1974, la bolla tecnologica degli anni 2000 e la crisi del 2008.
Questo cosa significa? Può avere rilevanza anche per capire come sarà il 2023? Davvero potrebbe essere un anno molto buono?
Vogliamo essere sinceri: purtroppo no, in quanto se già la statistica non può essere considerata una scienza esatta, figuriamoci se lo possono essere la finanza o l'economia, sempre alle prese con accadimenti o situazioni geo politiche che in qualsiasi momento possono deviarne il corso.
Però...
Visto che il range dei rendimenti storici è davvero molto ampio, tre certezze le possiamo elaborare: gli “anni buoni” sono stati più numerosi di quelli meno buoni; le perdite annue da capogiro (diciamo superiori al 20%) sono eventi rari, anche se possibili; dopo un grande crollo c’è sempre stato un forte recupero.
Sappiamo che il 2022 si è chiuso molto male e che quindi il suo rendimento andrà a collocarsi storicamente nella parte più a sinistra della nostra campana, insieme agli anni 1930 e 1931 (grande depressione) 1937, 1974 (crisi petrolifera e austerity), 2002 (fine della bolla internet) e 2008 (scandalo Lehmann Brothers). Verrà ricordato come l'anno della guerra in Ucraina, della crisi energetica e dell'inflazione, della scarsità di materie prime e dell'aumento dei tassi.
Le borse sono volatili e a nessuno piace perdere. Le ferite ci mettono sempre un po’ di tempo per rimarginarsi ma ricordiamoci che i mercati tendono a recuperare le perdite più in fretta. Gli strascichi della crisi del 2008 si fanno ancora sentire oggi, eppure tutti quei risparmiatori che sono rimasti fuori dal mercato si sono persi uno dei più longevi bull market della storia.
Affrontiamo perciò con coraggio e con un pò di ottimismo anche il futuro finanziario che potrebbe finalmente lasciarsi alle spalle buona parte di quei fattori che hanno fatto del 2022 un periodo, anche statisticamente, estremo.
Conclusione: ovvia! Buon anno (anche finanziario) a tutti!