IL VINO FA MALE? ... NON AGLI INVESTIMENTI!

Sta facendo molto discutere la decisione dell'Irlanda di applicare un'etichetta salutistica sulle bottiglie di vino per scoraggiarne il consumo,

indicando le pericolosità della sua assunzione per alcune patologie. Piccata la reazione del nostro paese, che ha protestato anche in sede europea.

In questa sede non ci compete un giudizio sulla vicenda. Le implicazioni di tipo “politico” (Italia ancora una volta vittima privilegiata dell’Europa…) o di carattere medico (in che modo e in quale quantità il vino può nuocere alla salute) infatti non fanno parte del filo conduttore di questo blog.

Forse potrebbe essere utile valutare l’impatto che questa decisione di scoraggiarne il consumo potrà avere in futuro sulle nostre esportazioni, ma anche questo aspetto lo lasciamo rispettosamente al calcolo dei macro-economisti.

Perciò oggi cercheremo solo di trovare risposta a questa semplice domanda:

Può essere redditizio, e quanto, investire sul “prodotto” vino e, in generale, su tutto quello che ruota intorno ai cosiddetti distillati e al loro indotto?

Ma soprattutto, come si fa ad investire in questo “pleasure asset”?

Infatti dobbiamo subito distinguere in quanto esistono almeno tre modalità per mettere soldi su questo comparto: l’acquisto diretto di vini pregiati, presso i produttori o attraverso le aste; ancora meglio, e di più, l’acquisto diretto di vigneti o di terreni ubicati in territori vocati alla produzione di vini nobili, e l’acquisto di tutto quanto sopra attraverso quote o indici, ossia in modo indiretto.

In tutti i casi comunque, per rispondere subito al primo quesito e toglierci ogni dubbio, diversificare su questo comparto significa “puntare” su un bene che storicamente ha dato ottime performance e soprattutto si è distinto brillantemente come un ottimo bene rifugio.

Nemmeno nel periodo di piena crisi economica registrata nel 2008 i vini pregiati da investimento hanno globalmente registrato una flessione e meno che mai un crollo. Prendendo come riferimento gli ultimi 10 anni le quotazioni dei vini pregiati più importanti hanno dato ritorni medi del 7% all’anno e anche nello scorso terribile 2022 questo settore, se confrontato con l’andamento dei principali indici finanziari, ha mantenuto quell’elevato livello di “decorrelazione” e di stabilità che, nei periodi avversi al rischio, può davvero fare la differenza.

Ovviamente questi non sono dati che danno una garanzia assoluta sul futuro ma, in altre parole, il ruolo protettivo che il vino potrebbe offrire all’interno di un portafoglio ben diversificato, al pari di un bene rifugio come l’oro, forse non è così marginale.

In merito agli investimenti effettuati direttamente sulle bottiglie, senza scomodare i prezzi da capogiro delle aste, la possibilità di generare profitti può anche partire da cifre modeste, perché basta sfruttare l’ovvio concetto che al diminuire delle quantità disponibili (le bottiglie ogni tanto si stappano…!)  corrisponde un aumento della domanda. Non va poi dimenticato che, essendo il vino un bene deteriorabile, la rivendita delle stesse bottiglie ad un prezzo più alto, al momento, non genera fiscalmente plusvalenze tassabili con l’imposta sul capital gain.

Va da sé che quali vini da investimento acquistare e quando rivendere le bottiglie sono specializzazioni proprie di professionisti del settore che, quotidianamente, operano sui mercati e non dovrebbero mai essere affidate all'improvvisazione, per evitare errori che si traducono quasi sempre in perdite monetarie e in un fallimento dell’investimento. Proprio come succede con gli asset finanziari, lo stesso discorso, e la stessa raccomandazione, ancora di più vale per coloro i quali, pochi e fortunati, hanno la possibilità di approcciarsi direttamente ai terreni ed ai vigneti di Borgogna, di Bordeaux, della Toscana o della Napa Valley californiana.

A supporto di questa modalità di avvicinarsi finanziariamente all’universo “spirits”, guarda caso, registriamo da qualche tempo il proliferare di Società di Consulenza, siti tematici, portali, videocorsi, tutorial, dedicati ai cosiddetti vini da investimento. Paradossalmente ma non troppo, proprio nel periodo della pandemia da Covid-19, anche in Italia c’è stato un chiaro segnale di un aumentato interesse.

Del resto in altre parti del mondo la tematica è già molto calda. La Borsa del Vino di Londra, ovverosia il Liv-Ex, (London International Vintners Exchange) fondata nel 2000, ha fatto registrare negli ultimi tre anni un incremento nei membri di circa il 30%, associato a un interesse crescente di tutti i player del settore (che, per inciso, non solo comprano e vendono vino, ma si occupano anche di stoccaggio, logistica ed assicurazioni) per un mercato ormai diventato a tutti gli effetti una maniera di diversificare il portafoglio d’investimento.  Un suo sotto-indice, il Liv-ex Fine Wine 100, disponibile su Bloomberg e Thomson Reuters, è considerato il punto di riferimento del settore e rappresenta il movimento dei prezzi di 100 dei vini più ricercati sul mercato secondario.

 E per le piccole cifre da investire?

Come ricordato in apertura, la modalità migliore per impiegare anche piccoli capitali nel settore è quella dell’approccio “indiretto”. Già da molti anni quindi investire nel vino non è più una attività elitaria, ma è accessibile a qualsiasi risparmiatore.

Per il “fai da te”, numerosi sono gli ETF che, anche ampliando il loro raggio di azione, si relazionano ai sottostanti indici “beverage”, così come, attraverso Banche e Consulenti Finanziari, (e quindi attraverso la consigliatissima supervisione di un Professionista della Finanza) è possibile acquistare, anche con piccole cifre, quote di Fondi Comuni di Investimento e Sicav che si occupano di selezionare e gestire i titoli delle principali Società quotate (produttori, distributori, brand di lusso) che operano in questo specifico e comunque complicato settore.

Insomma investire in vino può essere più facile di quanto si pensi anche se, in conclusione, e a proposito di etichetta, non può mancare la mia avvertenza finale: mi raccomando, prudenza! Investite e…bevete, con moderazione!


Giuseppe Gentili - Personal Advisor

Dott. Giuseppe Gentili

Giuseppe Gentili è un Personal Advisor. Ha ottenuto la certificazione EFPA nel 2012 e dal 1999 è iscritto all'Albo Unico dei Consulenti Finanziari

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