Ogni anno in tutto il mondo vengono spesi circa 2,5 trilioni di dollari nei sistemi di trasporto, nei sistemi elettrici, idrici e di telecomunicazioni, ma secondo molte fonti questa somma non è adeguata per soddisfare le crescenti esigenze in termini di infrastrutture.
Ad esempio uno studio della Società di consulenza McKinsey calcola che per rispondere alla crescita della popolazione mondiale e al processo di urbanizzazione gli investimenti dovrebbero aumentare a circa 3,3 trilioni di dollari all’anno entro il 2030, di cui il 60% attribuibile ai soli Mercati Emergenti.
A questa cifra dovranno inoltre essere aggiunti gli stanziamenti necessari a raggiungere i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’ONU: se non fosse che già l’obiettivo numero 9 è denominato testualmente “ Industry, Innovation and Infrastructure”, troveremmo comunque in molti di questi 17 punti diversi temi legati a doppio filo, quali la qualità dell’acqua, le energie pulite, le città sostenibili, l’azione sul clima…
Eravamo ancora in epoca pre Covid quando la Cina aveva deciso di investire il 7% del suo PIL (contro il 2% dell’Europa e l’1% degli Stati Uniti) in programmi infrastrutturali. La Belt & Road Initiative (BRI) ribattezzata via della Seta diventò l’emblema della politica cinese che puntava a una stretta connessione economica e strategica tra il Paese e il blocco eurasiatico attraverso un ambizioso programma di investimenti.
Così durante lo scoppio della pandemia anche i Governi degli altri continenti hanno individuato nello sviluppo delle infrastrutture il focus delle agende volte a rilanciare le loro economie, e i grandi pacchetti di recupero (in gergo “Recovery Funds”) hanno da subito rappresentato un’opportunità senza precedenti per chi ha intravisto in questa asset class delle potenzialità, nel tempo, di extra-rendimento.
Anche in Italia già nel 2021 la Commissione Europea ha approvato il nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) da 191,55 mld. di euro erogandone subito 25. L’anno scorso sono poi stati presentati 167 nuovi progetti, per ottenere altri 27,6 miliardi e quest’anno si salirà a 37,4 mld. fino a raggiungere un picco di 42,7 mld.nel 2024. Una considerevole quota di questi fondi verrà impiegata, come dal titolo del documento del MIMS (eh sì, addirittura ora abbiamo un Ministero delle Infrastrutture della Mobilità Sostenibile) in infrastrutture, mobilità, logistica, abitazioni di qualità, per un Paese più prospero…”
Per una economia rilanciare le infrastrutture significa per prima cosa rilanciare anche l’occupazione in quanto migliorare strade, ferrovie aeroporti o reti di telecomunicazione ha un impatto diretto sul PIL e produce un effetto moltiplicatore delle risorse investite. Questo settore è inoltre composto da parecchi comparti considerati “anticiclici” o “difensivi”, ossia non direttamente influenzati dalle fasi del ciclo economico per cui, durante i periodi di recessione, questi vanno meglio rispetto alla media in quanto non possiamo comunque farne a meno nei nostri consumi quotidiani.
Qualche esempio? Tutti i comparti media, ma anche le imprese di pubblica utilità, acqua, gas, elettricità o i settori legati alla salute.
Un nuovo volano alle infrastrutture: la sostenibilità
Secondo il dossier firmato dai ricercatori ISPI, (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), oggi la sostenibilità è diventata un imperativo per i nuovi progetti e per la manutenzione delle infrastrutture, non solo perché in questo modo si può contribuire alla riduzione di CO2 e combattere l’effetto serra, ma anche perché qualsiasi ponte, strada, ferrovia e così via devono anche costruiti per resistere ai fenomeni climatici estremi con i quali sempre più dovremo convivere.
In questo senso l’ammodernamento delle infrastrutture riflette in pieno anche il nuovo indirizzo di una società che si sta impegnando per la transizione energetica e per combattere il cambiamento climatico.
Ne fanno parte a pieno titolo la generazione di energia sostenibile, con gli impianti eolici soprattutto offshore, e quelli solari. Ma anche lo svecchiamento delle reti elettriche e la costruzione di infrastrutture per il gas. Un piccolo esempio di operazione infrastrutturale che ci potrebbe interessare da vicino? L’ installazione di contatori smart che possano responsabilizzare maggiormente gli utenti circa i loro consumi.
Un altro capitolo che vedrà il nostro Paese particolarmente ingaggiato nei prossimi anni è quello della digitalizzazione (cybersecurty…chi la conosceva fino a qualche anno fa?). Saremo il paese che investirà di più e abbiamo pianificato, guardando gli stanziamenti del Recovery Fund, 40 mld. contro i 24 della Spagna, i 12 della Germania e i 10 della Francia.
Ma come stanno andando i Fondi di Investimento che si occupano di infrastrutture?
Se guardiamo al passato, il grafico, con valori triplicati dal 2010, parla da solo…

Le infrastrutture sono spesso progettate per durare per decenni e alcune di esse dispongono di contratti di concessione pubblica che sono garanzia per l’affidabilità dei ricavi.
Elevate barriere all’ingresso rendono difficile la comparsa sul mercato di nuovi operatori. Il rischio maggiore per questo settore potrebbe essere un cambiamento della normativa che possa modificare fondamentalmente da un giorno all’altro le prospettive di business delle singole imprese. Tuttavia, se intelligentemente diversificate, le azioni delle società di infrastrutture possono stabilizzare qualunque portafoglio.
Certo, i rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri, ma anche quest’anno il settore ha iniziato in modo positivo. Sebbene le utilities in particolare abbiano sottoperformato (considerata l’ottimo risultato del 2022 e la pratica degli operatori di sostituire all’inizio del 2023 i “vincitori” dello scorso anno per i “perdenti” dello stesso periodo), il resto dei comparti quotati ha archiviato fino ad ora solide performance positive.
In questi primi due mesi si nota soprattutto un vigore nei settori dei trasporti e dei servizi diversificati, nonché delle comunicazioni. Le dinamiche positive nei trasporti sono attribuibili al costante slancio nel settore dei viaggi di piacere favoriti dalla ripresa di questo segmento soprattutto in Asia, mentre la forza delle comunicazioni è ascrivibile a un’interessante assetto delle valutazioni dopo un 2022 difficile.
Rileviamo infine una performance assoluta positiva, ad eccezione di alcune aziende elettriche, anche nel settore delle aziende di servizi ma anche tutto il mondo delle rinnovabili ha finora conseguito buoni risultati.
La sfida da vincere: spendere bene
Il sostegno europeo in parte è già arrivato sotto forma di tre linee di credito di cui una particolarmente importante per il settore trasporti di 200 miliardi da parte della Banca europea degli investimenti (BEI), a cui bisogna sommare le misure del Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency (SURE), il nuovo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in emergenza, e i fondi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), il cosiddetto fondo Salva-Stati nato per garantire la stabilità finanziaria della zona euro.
Se a questi strumenti si somma la ancora notevole liquidità della Banca Centrale Europea (BCE) nei prossimi anni ci saranno linee di credito aperte per circa 600 miliardi di euro che possono davvero spingere l’economia in molti settori decisivi del comparto infrastrutturale.
Spendere bene l’enorme massa di liquidità che, in particolare in Europa, si sta riversando sul settore, è la sfida più importante delle Istituzioni, ma anche per chi volesse impiegare una quota dei propri risparmi in questo trend, considerata la quantità di strumenti finanziari a disposizione, non è per niente facile orientarsi. Azioni singole?, Sicav? Etf? Fondi chiusi? Emissioni obbligazionarie ad hoc?
Chi ci può consigliare? Forse un Consulente Finanziario?! (ma non uno a caso..)