Nel giro di tre settimane il fantasma di Lehman Brothers è tornato ad aleggiare sul mondo delle Banche.
Prima il crack della americana SVB, poi la crisi improvvisa della storica Credit Suisse e infine il capitombolo di Deutsche Bank.
Cosa è successo?
SVB
Fino a poche ore dal fallimento l'agenzia di rating Moody's attribuiva a Silicon Valley bank un voto A3 ossia di affidabilità creditizia medio alto. Secondo gli analisti di Jp Morgan la banca era un "fuoriclasse" e all’inizio del 2023, per il quinto anno consecutivo, la rivista Forbes la includeva fra le migliori banche al mondo.
È vero che il percorso verso il fallimento e la sua chiusura decisa dalle autorità statunitensi sono stati fulminei, ma che nel mondo della finanza la reale situazione di questo Istituto non sia stata correttamente percepita fino all’ultimo secondo risulta abbastanza evidente.
CREDIT SUISSE
Tutto parte (o tutto finisce) con una prima caduta del 24% del valore delle azioni, a seguito dell’annuncio della Saudi National Bank, il maggior azionista della banca, che decide di negarle un nuovo sostegno finanziario. Da anni Credit Suisse navigava in cattive acque passando da uno scandalo all’altro, subendo enormi perdite, come confermato dai risultati di bilancio del 2022.
Nel timore che la fuga dei capitali in atto a Credit Suisse facesse tracollare la banca, come era accaduto a Lehman nel 2008 e alla Silicon Valley Bank la settimana prima, in pochi giorni si è arrivati al matrimonio forzato imposto dalle Autorità svizzere con i cugini di UBS.
DEUTSCHE BANK
Nell'attuale crisi bancaria, Deutsche Bank è stata l'ultima sotto esame da parte del mercato. L’elevato nervosismo è emerso quando gli investitori hanno reagito negativamente alla notizia relativa al riscatto anticipato (5 anni prima...) di un'obbligazione emessa dalla Banca. Queste mosse sono generalmente effettuate per dare agli investitori fiducia nella solidità del bilancio, ma il paradosso ha voluto che il titolo azionario sia subito sceso dell’11 %. Come dice un vecchio adagio degli operatori di borsa: “quando arriva la notizia, prima si vende e poi si ragiona…”
Perché?
Esistono elementi che accomunano queste crisi.
Il primo imputato che ha contribuito alla fragilità bancaria, specie negli Stati Uniti, è stato il repentino innalzamento dei tassi di interesse, che ha svalutato in pochi mesi miliardi di attività finanziarie, emesse in questi ultimi anni a tassi vicino allo zero ed in pancia agli Istituti. Nel decidere la loro politica monetaria, le banche centrali avrebbero dovuto considerare anche il rischio che la diminuzione di valore di questi asset avrebbe causato instabilità bancaria e finanziaria.
Un altro elemento, pur con declinazioni diverse, riguarda le gravi carenze di regolamentazione in quanto Le Autorità monetarie, e anche la politica, ci hanno sicuramente messo del loro in queste ultime settimane.
Quello che è successo negli stati Uniti ad esempio è in stretta relazione con la scelta, risalente all’amministrazione Trump, di indebolire le regole nei confronti delle banche non sistemiche: questa decisione ha aperto la strada a modelli di attività molto rischiosi. Per di più, nella pur pronta reazione all’emergenza, il governo federale USA ha agito creando ulteriori pericolose eccezioni rispetto alle tradizionali garanzie sui depositi.
L’impatto del caso elvetico è stato, se possibile, ancora più devastante. Dandosi la zappa sui piedi, le autorità svizzere hanno voluto considerare il salvataggio di Credit Suisse da parte di Ubs come una operazione di mercato. Ma questo è avvenuto violando le basilari regole di governance, in quanto non è stato concesso all’assemblea degli azionisti di entrambe le banche di potersi esprimere preventivamente
Inoltre non è stata rispettata neanche la gerarchia nelle risoluzioni delle crisi bancarie, salvaguardando cioè una parte del valore per gli azionisti e azzerando il valore di una categoria di obbligazioni (le famigerate AT1).
Infine questa maxi fusione, creando una posizione di monopolio nel mercato domestico, ha calpestato qualsiasi norma antitrust.
Cosa può ancora succedere? Ci aspetta un'altra crisi sistemica in Europa oppure possiamo stare più tranquilli?
Una prima buona notizia: nella Unione Europea e in particolare nell’area Euro, la regolamentazione è molto più stringente.
Proprio questo ha fatto sì che, in generale, dopo il 2008 le banche si siano via via irrobustite nella loro capitalizzazione. L’esempio del ribasso di Deutsche Bank, che a distanza di una settimana è stato integralmente recuperato, è a dimostrare che questo caso, e possibil analoghe situazioni in Europa, non siano assimilabili a quelli statunitensi e svizzeri.
Secondo un’analisi di Bloomberg Intelligence, per esempio, in Europa i primi 25 Istituti di credito vantano un’eccedenza di capitale dal valore totale di 55 miliardi di euro e 38 di questi miliardi sono posseduti proprio da quelli più importanti.
Anche le banche italiane non sembrano particolarmente a rischio. A parte la discesa dei primi giorni, in realtà la situazione appare sotto controllo: il settore bancario italiano si è irrobustito molto rispetto alle debolezze della fase 2014-2017 anche se rimane quello con la più alta incidenza di titoli nazionali del debito pubblico nel suo attivo.
La seconda buona notizia forse parte da questa considerazione. Dopo lo sconquasso al quale abbiamo assistito, per le Autorità monetarie la fine del rialzo dei tassi potrebbe essere molto più vicina di quanto da loro annunciato fino ad ora e anche l'iiminente recessione, da più parti sbandierata ma che ancora non si vede nei numeri, a questo punto colpirà in modo sicuramente più lieve.
Come dire, non tutti i mali vengono per nuocere...