Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica…è ormai superfluo ripercorrere la storia di questo acronimo perché anche l’investitore alle prime armi ne conosce ormai a memoria l’origine, che risale al lontano 2001 da un’idea della Banca di Investimento Goldman Sachs.
Quello che può invece essere utile questo mese, agganciandoci alla attualità, è scoprire cosa è successo in un vertice di fine agosto al “BRICS Summit” di Johannesburg, in Sudafrica, nel quale questa entità un tempo astratta ha posto le basi per allargarsi e trasformarsi in un soggetto politico e finanziario concreto.
In effetti già nel 2009, per iniziativa della Russia, il tentativo fu di costituire un “club” informale che potesse sfidare gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali e per questo motivo nel 2010 fu accolto a braccia aperte anche il Sudafrica.
Esiti pratici? Molto scarsi, tant’è che, nel mio piccolo, ancora a gennaio 2021, decretavo nel blog: MA GLI "EMERGENTI" ESISTONO ANCORA? (E, SE SI, DOVE TROVARLI...) (giuseppegentili.it)
L’unica azione di rilievo dei Brics infatti fu posta in essere nel 2014, con la creazione di una nuova Banca di sviluppo e di un fondo di riserva da 100 miliardi di dollari Usa dei cinque Paesi. Dopo non si è quasi più parlato dei Brics.
Poi è arrivato il conflitto in Ucraina e, come è logico, parecchie cose sono cambiate, soprattutto in Russia per cui, mentre fino a qualche anno fa si ragionava di Brics solo in termini finanziari, (piazze borsistiche di paesi in via di sviluppo sul quale puntare per maggiori rialzi) le sanzioni senza precedenti e l’intensificarsi del confronto tra Occidente e Russia/Cina, non hanno portato al completo isolamento della Russia ma, al contrario, hanno ottenuto anche l’accelerazione della formazione dei BRICS come blocco geopolitico ed economico).
Anche la tesi iniziale di Goldman Sachs non prevedeva che questi paesi sarebbero diventati un’alleanza (come l’UE) o anche un’associazione commerciale formale ma il recente vertice potrebbe avere sancito perciò uno spartiacque di significato anche politico.
Presenti al comunicato finale il presidente brasiliano Lula da Silva, il primo ministro indiano Modi e il presidente cinese Xi Jinping, e per la Russia il ministro degli Esteri Lavrov, il padrone di casa e Presidente sudafricano Cyryl Ramaphosa ha infatti ufficializzato l’ingresso nel BRICS di sei nuovi membri: Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita Argentina ed Emirati Arabi Uniti. (Ad aver fatto domanda formale per aderire ai Brics erano stati almeno 22 Paesi e altrettanti quelli che ne avevano manifestato interesse)
Risultato: il nuovo “blocco” così formato rappresenterà all’incirca il 46% della popolazione del pianeta (oltre tre miliardi di persone) con un contributo di oltre un quarto al Pil mondiale, per cui è innegabile l’importanza di questa nuova alleanza per le future discussioni geopolitiche, in particolare in Medio Oriente, da dove proviene la maggior parte dei nuovi membri e dove la Cina ha cercato di aumentare la propria influenza. Il gruppo poi probabilmente utilizzerà l’allargamento anche come strumento per influenzare il dibattito politico internazionale e lo sviluppo di nuove istituzioni internazionali al di fuori del G7, del G20 e delle Nazioni Unite.
E, a proposito di G7, una serie di iniziative da parte dei Paesi Brics, potrebbe dare il via alla formazione di una divisa legata alle materie prime: già all’inizio di quest’anno, Cina e Brasile hanno concordato di sostituire il dollaro Usa per regolare alcuni flussi commerciali mentre l’India ha offerto ai Paesi che si trovano in una situazione di mancanza di liquidità del dollaro Usa di optare per i regolamenti in rupia”. (Perché si parte sempre dalle valute: nel 1979 il progenitore dell’euro, l’ECU, era solo una valuta fittizia ponderata in funzione dell’importanza relativa delle economie nazionali europee…)
Insomma, si sta diffondendo sempre più una de-dollarizzazione di parti dell’economia mondiale, il cui ritmo ha sorpreso molti. Non è una coincidenza che la creazione di una moneta comune dei Brics (possibilmente con una certa copertura in oro) al momento sia anche al centro della copertura mediatica su questa alleanza.
Un nuovo ordine?
Come molti analisti hanno rilevato, un tentativo di sostituire il dollaro Usa come valuta dominante di riserva mondiale è una ipotesi poco realistica in un futuro imminente.
Al momento non è ancora del tutto chiaro come dovrebbe funzionare esattamente una valuta di riserva dei Brics. I conflitti d’interesse economici e in parte politici e l’elevato grado di eterogeneità tra gli storici cinque membri rimarranno probabilmente un notevole ostacolo. Questo è ancora più valido in quanto la Russia è la forza politica trainante e la Cina la potenza economica dominante. Se il progetto porterà effettivamente alla creazione di un ordine economico mondiale alternativo e più equo al momento è del tutto incerto. Esiste anche la possibilità di un completo fallimento o di un passaggio a obiettivi meno ambiziosi.
Per cui oltre all’annuncio dei sei nuovi membri l’incontro non ha portato a nulla di più concreto e gli stessi Brasile, India e Sudafrica hanno da subito precisato che l’idea che il gruppo sia visto come una sfida diretta all’Occidente non è quella corretta. Nel caso dell’India, si teme che il gruppo sia un veicolo per la Cina per espandere la propria influenza.
Sebbene vi siano chiari obiettivi comuni tra i membri di aumentare il peso geopolitico, di rimodellare e sfidare le istituzioni e le pratiche globali esistenti e di ridurre l’uso del dollaro Usa, sarebbe un errore considerare i loro singoli obiettivi geopolitici omogenei e l’allargamento dei membri aggiungerà anche ulteriori complessità e probabilmente limiterà il potenziale di qualsiasi piano di riforma importante da emanare in gruppo. La sensazione è quindi che in questa prima fase l’attenzione sia più concentrata sull’espansione dei legami commerciali e finanziari tra i membri, con un uso più esteso delle valute locali al posto del dollaro, piuttosto che a sconvolgimenti valutari.
Quello che sembra certo, tuttavia, è che al momento stiamo assistendo a enormi cambiamenti nel panorama geopolitico ed economico globale: la tesi che nell’economia globale si stiano formando due fronti, quello intorno agli Usa e quello intorno alla Cina, è sempre più validata e comporterà anche una scelta di campo per molti Paesi emergenti che dovranno decidere da che parte stare.
Teniamoli d'occhio questi "nuovi Brics... anche nelle scelte d’investimento!