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Rappresentazione visiva dell'articolo: Speciale Risiko Bancario: quando tutti fanno a "sportellate".

Negli ultimi mesi, il settore bancario italiano ha messo in moto un'intensa attività di probabili fusioni e acquisizioni, che potrebbe segnare un nuovo capitolo nel processo di consolidamento del sistema finanziario nazionale.Operazioni come l'offerta di UniCredit per Banco BPM e la proposta di acquisizione di Mediobanca da parte di Monte dei Paschi di Siena evidenziano una strategia volta ad aumentare le quote di mercato e a rafforzare la competitività delle banche italiane sia a livello nazionale che europeo,Tuttavia, nonostante questi sforzi, le dimensioni delle principali banche italiane rimangono significativamente inferiori rispetto ai giganti bancari globali, soprattutto in termini di capitalizzazione di mercato, attivi totali e numero di clienti.


Le principali banche italiane: dimensioni e ambizioni

Le due maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo e UniCredit, detengono asset totali rispettivamente di circa 1.000 e di 900 miliardi di euro. Intesa Sanpaolo serve circa 21 milioni di clienti attraverso oltre 4.250 filiali soprattutto italiane, mentre UniCredit ha una presenza significativa anche in diversi paesi europei.Altre istituzioni rilevanti includono Banco BPM, con asset per 200 miliardi, e BPER Banca, con 160 miliardi. Monte dei Paschi di Siena, una delle banche più antiche al mondo, possiede asset per 128 miliardiNonostante queste cifre, che potrebbero sembrare stratosferiche, tutte le banche italiane stanno invece affrontando sfide significative nel competere con le istituzioni finanziarie globali, sia per dimensioni che per capacità di investimento ed innovazione e tecnologia.


Noi siamo piccoli, ma cresceremo

A livello mondiale, infatti, l’asticella si alza parecchio.Sono le banche cinesi che dominano la classifica per asset totali. L'Industrial and Commercial Bank of China (ICBC) guida con asset per 6.688,1 miliardi di dollari, seguita da Agricultural Bank of China (5.923,2 miliardi di dollari), China Construction Bank (5.557,8 miliardi di dollari) e Bank of China (4.803,1 miliardi di dollari)Negli Stati Uniti, JPMorgan Chase è la banca più grande per capitalizzazione di mercato, con un valore di circa 6.86,1 miliardi di dollari, e asset totali per 4.002,8 miliardi di dollari. Altre banche statunitensi di rilievo includono Bank of America (3.261,5 miliardi di dollari in asset) e Citigroup (2.353 miliardi di dollari in asset)In Europa, HSBC Holdings, con sede nel Regno Unito, possiede asset per 3.017,1 miliardi di dollari, mentre BNP Paribas e Crédit Agricole, entrambe francesi, detengono rispettivamente 2.819,4 e 2.711,8 miliardi di dollari in asset.


Le Sfide del Sistema Bancario Italiano

Con questi numeri, è ovvio che il sistema bancario italiano abbia ancora davanti diverse sfide strutturali.La frammentazione, ossia presenza di numerose banche di piccole e medie dimensioni limita ancora le economie di scala e la competitività internazionale. Proprio per questo fusioni e acquisizioni mirate possono creare istituzioni più robuste e competitive a livello internazionale; inoltre, esplorare opportunità di crescita in mercati esteri serve a diversificare le fonti di reddito e ad aumentare la resilienza in caso di shock interni.Sul fronte tecnologico, gli investimenti in intelligenza artificiale e digitalizzazione devono essere aumentati, per competere con le grandi banche globali, che dispongono di risorse significativamente maggiori.Infine, esiste anche un tema di regolamentazione e di fiscalità: le stringenti normative del nostro sistema bancario sono certo una sicurezza, ma incidono parecchio sulla redditività e sulla la capacità di investimento delle istituzioni finanziarie italiane.Insomma, un impegno strategico verso l'innovazione, l'efficienza operativa e l'espansione internazionale sarà fondamentale per il futuro del settore.


Un paradosso: più grandi ma con meno Filiali

Istituti di credito più solidi e competitivi non significa più, come negli anni 90, presidiare il territorio fisicamente: se da un lato le banche fanno a gara per avere dimensioni sempre maggiori, nello stesso tempo stiamo assistendo sempre di più in a chiusure di filiali, un fenomeno che fino a qualche anno fa il nostro paese ancora non conosceva, e che solleva preoccupazioni riguardo all'accessibilità dei servizi finanziari, soprattutto nelle aree meno urbanizzate.Secondo i dati forniti da fonti sindacali, alla fine del 2023 il numero di sportelli bancari in Italia era sceso a 20.161, con una diminuzione di 825 unità rispetto all'anno precedente. Questa tendenza ha portato alla chiusura di circa il 21% degli sportelli rispetto al 2018, quando se ne contavano 25.409.Le regioni più colpite da questa "desertificazione bancaria" includono Abruzzo, Molise, Marche e Basilicata, con una riduzione degli sportelli pari o superiore al 25% negli ultimi cinque anni.Inoltre, la distribuzione degli sportelli bancari in Italia evidenzia un marcato divario tra Nord e Sud. Alla fine del 2023, il 57% degli sportelli era concentrato nelle regioni settentrionali, con Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto che da sole ospitavano il 40% del totale nazionale. Al contrario, le regioni del Sud e le Isole contavano complessivamente solo il 22% degli sportelliDalle nostre parti, in termini di densità, l'Emilia-Romagna si distingue con 50 sportelli ogni 100.000 abitanti, mentre la Calabria registra solo 18 sportelli per 100.000 abitanti, evidenziando una significativa disparità nell'accesso ai servizi bancari.


Dalla banca di quartiere all’home banking.

Questa strategia, sebbene possa migliorare l'efficienza operativa delle banche, rischia di escludere una parte significativa della popolazione dall'accesso ai servizi finanziari, in particolare gli anziani e coloro con scarse competenze digitali.Nonostante il forte impulso al consolidamento e alla digitalizzazione, l'Italia mostra ancora un certo ritardo nell'adozione delle tecnologie bancarie digitali rispetto ad altri paesi europei. Secondo Eurostat, nel 2023 solo poco più della metà degli italiani (51,5%) ha utilizzato l'home banking, a fronte di una media UE del 63,9%, con punte oltre il 90% nei paesi nordici come Norvegia, Finlandia e Danimarca.Questo dato suggerisce che la digitalizzazione, pur essendo una strada imprescindibile per le banche italiane, non può essere l’unica risposta. In un paese in cui ampie fasce della popolazione – soprattutto anziani e residenti in aree interne – faticano a orientarsi tra app, SPID e piattaforme online, la chiusura degli sportelli fisici rischia di creare una nuova forma di esclusione finanziaria.


La terza via: “le due C maiuscole”.

Mentre le banche italiane cercano di rafforzarsi attraverso fusioni e acquisizioni, è fondamentale bilanciare l'efficienza operativa con l'accessibilità ai servizi. La chiusura degli sportelli, se non accompagnata da adeguate alternative digitali e supporto alla clientela, rischia di ampliare il divario sociale ed economico tra diverse aree del paese. È quindi essenziale che le istituzioni finanziarie e le Autorità regolatorie collaborino per garantire un accesso equo e inclusivo ai servizi bancari per tutti i cittadini.Si può trovare un giusto equilibrio tra le esigenze dei numeri imposti dai mercati finanziari e la presenza qualificata e socialmente sensibile e attenta delle banche sui territori?L’unica soluzione virtuosa è quella di integrare le tecnologie digitali con il valore relazionale del contatto umano. In altre parole, puntare su un modello che affianchi all’efficienza dell’operatività online la possibilità di avere a disposizione, per la propria pianificazione, un Consulente qualificato.Questa sinergia può non solo migliorare l’esperienza del Cliente, ma anche rafforzare il ruolo delle Istituzioni quali interlocutori di fiducia per famiglie e imprese.In un contesto in cui le banche corrono per diventare più grandi e più forti, mantenere ferma al centro la relazione può essere la vera chiave per crescere in modo sostenibile e inclusivo.

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