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Rappresentazione visiva dell'articolo: Ucraina: chi rompe (non) paga. Chi aggiusta fa il “re-building business”

Al momento in cui scriviamo il conflitto è ancora in corso, non è comparsa la parola “pace”, ma la corsa dei partecipanti per accreditarsi alle future ricostruzioni è già cominciata.Questo perché la ripartenza post-bellica rappresenta da sempre un settore cruciale e complesso, che coinvolge in prima battuta le nazioni e le loro multinazionali, e quindi tutto il complesso delle singole economie, nella riparazione dei danni inflitti alle infrastrutture durante i conflitti armati.


Un po’ di storia

Gli esempi, anche recenti, purtroppo non mancano: dopo la Seconda Guerra Mondiale, nell’'Europa devastata, gli Stati Uniti svolsero un ruolo predominante nella ricostruzione attraverso il Piano Marshall, un programma di aiuti economici che stanziò, tra il 1948 e il 1952, circa 13 miliardi di dollari (equivalenti a oltre 140 miliardi di dollari odierni).Fra le principali città finanziate, Berlino, Dresda, Amburgo e Colonia in Germania, con oltre il 70% degli edifici distrutti in alcune aree; Caen e Le Havre in Francia.Sempre grazie a fondi statunitensi, fra il 1945 e il 1952, anche Hiroshima e Nagasaki, ma pure Tokio, ricevettero consistenti aiuti per la loro ripartenza, quasi una azione risarcitoria…Fra gli aspetti positivi, giova ricordare che questi interventi non solo facilitarono la ripresa, ma servirono anche al consolidamento delle relazioni politiche ed economiche tra gli Stati Uniti e l'Europa occidentale. La stessa cosa avvenne per il Giappone, per il quale gli aiuti post-bellici gettarono poi le basi per la sua rapida industrializzazione e per la crescita economica del paese nelle decadi successive.Solo in un Paese il processo di ricostruzione avvenne per linee interne, e stiamo parlando dell’URSS. La decisione di Stalin fu quella di eliminare finanza e speculazioni, in piena sintonia con il regime comunista, basato su un’economia pianificata e sul lavoro forzato.In tempi più recenti, anche la ricostruzione dell'Iraq dopo il conflitto del 2003 ha visto un significativo coinvolgimento internazionale. Gli Stati Uniti, insieme ad altri alleati, hanno investito risorse considerevoli per la ricostruzione delle infrastrutture irachene, sebbene il processo sia stato complicato da instabilità politica e questioni di sicurezza.


Ucraina “in vendita”: il presente 

La ricostruzione post-conflitto in Ucraina rappresenterà una sfida economica e logistica di notevole entità.Secondo una valutazione congiunta del governo ucraino, di Banca Mondiale, della Commissione Europea e delle Nazioni Unite, già al 31 dicembre 2023, il costo totale stimato per la ricostruzione e il recupero dell'Ucraina ammontava a 486 miliardi di dollari per il decennio a venire. Ma il conflitto è continuato, e la cifra aggiornata, almeno 600 miliardi di euro, l’ha data lo scorso mese a Davos il Ministro degli Esteri ucraino.La stretta attualità ci dice che per pagarsi gli aiuti è alla firma un accordo con gli Stati Uniti per la concessione del 50 per cento delle terre rare che si trovano in Ucraina.Il Paese, infatti, oltre ad avere il 10 per cento delle riserve mondiali di ferro, il 20 di grafite, ed il 6 di titanio, ha mezzo miliardo di tonnellate di litio, indispensabile per le batterie delle auto elettriche. E ancora giacimenti preziosi di manganese, uranio, nichel, cobalto, cromo e un’infinità di altri materiali preziosi, tra cui oro e gas.Il governo ucraino aveva comunque già adottato una serie di misure per rendere il paese più attraente per gli investitori stranieri. Tra queste, la semplificazione delle procedure di registrazione per le imprese straniere, la creazione di zone economiche speciali e la riduzione delle imposte per le aziende che investono nelle aree più colpite dalla guerra. L’obiettivo è scontato: creare un clima di fiducia che incoraggi le imprese a investire a lungo termine.Inoltre, una nuova normativa, entrata in vigore all’inizio del 2023, consente ora alle aziende straniere di acquisire fino a 10.000 ettari di terreno ciascuna, rispetto al limite precedente di 100 ettari. Questa mossa è vista come un incentivo per attirare investimenti esteri nel settore agricolo, che rappresenta una delle colonne portanti di questa economia grazie alla sua terra fertile. Si stima infatti che l’Ucraina disponga di circa 40 milioni di ettari di terre coltivabili, una risorsa di grande interesse per multinazionali che vedono nel paese un’opportunità per espandere le proprie operazioni agricole.


Il business: le più importanti aziende quotate potenzialmente coinvolte

Il 13 e ed il 14 novembre scorso a Varsavia è andata poi in scena la conferenza “Rebuild Ukraine 2024”: circa 500 espositori hanno presentato i loro piani per contribuire alla ripresa economica dell’Ucraina. Tra i settori principali di interesse ci sono quello alimentare, farmaceutico, tecnologico e delle telecomunicazioni.Bayer, in particolare, punta molto sul settore agricolo, vedendo un grande potenziale nella produzione di grano, mais e altre colture su larga scala. Coca-Cola e Nestlé, invece, sono interessate ad ampliare le loro catene di fornitura locali, contribuendo al contempo alla creazione di posti di lavoro e alla crescita economica.C’è poi il settore delle aziende cosiddette “general contractor”, le quali poi frazionano le opere e sub appaltano alle unità locali di minori dimensioni: ma è in questo modo che effettivamente si aiuta la ripartenza delle economie dei Paesi che hanno subito le devastazioni.La parte del leone, guarda caso, è tutta a stelle e strisce.Bechtel Corporation, fondata alla fine del 1800 in California ma ora con la sede in Virginia, è di certo un colosso dell’ingegneria di costruzioni nel mondo e ha ottenuto contratti significativi per la ricostruzione in Iraq.Allo stesso modo la texana Halliburton è da sempre presente nei principali progetti infrastrutturali che si occupano della rinascita delle zone post-conflitto. Operante in oltre 120 Paesi, è un gruppo specializzato in lavori pubblici e nello sfruttamento dei giacimenti petroliferi. Non è poi un caso che un suo ramo d’azienda gestisca anche una compagnia militare privata che interviene, a pagamento, nei conflitti in varie parti del mondo.Sempre in texas fluor corporation cercare……..Poi General Electric, che ha già stretto una partnership per fornire turbine all’Ucraina e firmato contratti per la manutenzione della rete locale.Honeywell, che ha investito in progetti volti a modernizzare l’infrastruttura energetica per ridurre le perdite e migliorare la gestione di rete e Westinghouse Electric Company, coinvolta nella fornitura di combustibile nucleare e tecnologia all’avanguardia alle centrali ucraineIn Germania Ovest, fra le principali compagnie interessate, citiamo la tedesca Hochtief (multinazionale “global provider”) e la svedese Skanska, in Francia Bouguyes, (energia e servizi) nei Paesi Bassi e altre nazioni europee Royal BAM Group, addirittura dal Giappone si presenta Kajima Corporation fondata nel 1840 e ancora attiva e, naturalmente, quotata.


E le italiane?

Anche le aziende italiane, grazie alla loro comprovata esperienza nel settore delle costruzioni e delle infrastrutture, sono in una posizione favorevole per contribuire significativamente a questi sforzi, promuovendo al contempo opportunità di crescita e sviluppo economico.L'Italia dispone di un settore edile e infrastrutturale altamente qualificato, con Gruppi che hanno maturato esperienza in progetti internazionali di ricostruzione. L'Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha da subito manifestato interesse per la ricostruzione in Ucraina, aderendo anche lei alla "ReBuild Ukraine 2024", ma soprattutto Il 10 e 11 luglio prossimi Roma ospiterà la Ukraine Recovery Conference, dopo aver già ospitato nell’aprile 2023 la Conferenza Bilaterale sulla Ricostruzione. Allora il nostro governo concluse diversi accordi, tra cui alcune intese che coinvolsero aziende come MerMec e WeBuild e realtà associative come Coldiretti.Un’altra associazione, Confindustria, ha addirittura aperto un ufficio a Kiev e ha lanciato il database “Rebuild Ukraine”, che raccoglie i profili delle aziende interessate alla ricostruzione, soprattutto in settori come infrastrutture logistiche, edili ed energetiche, metallurgia, meccanica e macchinari, energie rinnovabili, aerospazio, difesa, sicurezza e sanità.Il risultato è che sul territorio ucraino ad oggi risultano già attive quasi 200 aziende con capitale e/o interessi italiani, per la gran parte Pmi operanti soprattutto nei settori alimentare, tessile, legno, calzature, ceramica e finanziario. Tra queste però ci sono anche colossi come Buzzi Unicem, Eni, Selex, Ferrero e Mapei.


Azioni, Fondi o…Consulente? 

Abbiamo visto come l’elenco delle imprese che fanno (o faranno) affari in questo settore sia   praticamente infinito: strade, ponti, edifici, impianti energetici, ospedali, reti idriche, elettriche e di telecomunicazioni… tutto va ripristinato o riprogettato dopo una guerra, per cui in questa sede abbiamo solo ricordato alcune delle principali aziende quotate e direttamente acquistabili.Tutto questo naturalmente e come sempre non significa una sollecitazione all’ investimento, ma una semplice quanto generica considerazione di come, ahimè, anche un tristissimo evento, che ci auguriamo termini il prima possibile, possa anche trasformarsi in una formidabile ripartenza per l’economia, e di riflesso, per le quotazioni finanziarie.In tutti i casi, per chi volesse approcciarsi all’universo finanziario del re- building esistono anche strumenti più diversificati, per cui il mio consiglio, in veste di Consulente, resta quello di non “puntare” su un singolo titolo “fai da te” o su un panel di azioni del settore.Un Fondo/ Sicav a tema, di una delle tante Società di Gestione disponibili per la sottoscrizione, è senza dubbio dotato di una operatività maggiormente qualificata, il che si traduce anche in una ottimizzazione del rapporto rischio-rendimento.

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